Patrimonio culturale

In questa sezione possono essere consultati Cenni storici, stemma, personaggi illustri di Zollino e Cultura e Tradizioni del territorio.

Stemma

Stemma del Comune di Zollino

Lo stemma di Zollino rappresenta un sole splendente, immagine e simbolo che rimandano al toponimo e alle sue antichissime origini. Il paese sorse, infatti, in epoca messapica nel demanio di Soleto. Zollino è uno dei nove centri dell'area ellefona che costituiscono la Grecìa salentina. Il paese, infatti, conserva tuttora tradizioni elleniche e lingua greca.

Cenni storici

D'origine incerta, il piccolo centro greco-salentino non conserva molte memorie storiche. Tra le varie ipotesi, vi è chi sostiene che sia stato fondato da genti provenienti dallo scomparso casale di Apigliano, o da un gruppo di superstiti di Soleto, poiché entrambi i centri abitati hanno come stemma civico il sole. Nella zona sono presenti anche alcuni menhir e altre testimonianze preistoriche. Durante l'epoca medioevale il paese assimilò fortemente l'influenza bizantina, tanto che il rito religioso greco si estinse solo nel 1688.
Qui, come negli altri centri della Grecìa Salentina, sono presenti numerosi pozzi che un tempo soddisfacevano il fabbisogno idrico. Ogni singolo pozzo aveva un tempo un proprio nome: "lipuneddha" (volpe), "scordari" (aglio), "pila" (lavatoio), "ascilò" (alto). La chiesa parrocchiale, dedicata ai Santi Pietro e Paolo (XVII sec.), presenta sui muri esterni due meridiane ed un'iscrizione latina. Degne di nota sono la chiesa di S. Anna, la cappella di S. Vito, mentre in piazza San Pietro troviamo l'omonima colonna votiva del XVIII sec. Anticamente tra Zollino e Martano sorgeva il casale di Apigliano, di cui ora sopravvive solo la chiesetta ricostruita nel 1582, come è ricordato da un'iscrizione greca.
In lingua grika questo luogo di culto è denominato "A Laurenti" (San Lorenzo); l'interno presenta tracce di affreschi. Una tradizione popolare vuole che l'antico casale sia stato abbandonato in seguito ad un'invasione di vipere e serpenti.

Personaggi Illustri

Domenicano Tondi

Periodo: (1885 - 1965)
Appassionato studioso e scrittore di lingua grica, sognava una Grecìa Salentina bilingue e fu definito "il più greco-moderno dei poeti salentini".
Domenicano Tondi nacque a Zollino da genitori contadini il 24 febbraio 1885. Fu l'unico degli otto fratelli a frequentare gli studi. Per motivi economici e di lavoro dovetta dapprima abbandonare la carriera scolastica e poi lasciare l'amato paese per entrare nell'amministrazione delle Poste. Dopo ben 47 anni di servizio nelle città di Napoli, Palermo, Bari e Roma fu collocato a riposo con il grado di ispettore Generale e Direttore Capo delle Casse di Risparmio Postali.
Fu il prof. Vito Domenico Palubo ad iniziarlo alla conoscenza del greco parlato. Si occupò con passione dello studio meticoloso della amata lingua grica con l'obiettivo di contrastare l'abbandono e la conseguente scomparsa della stessa. Nel corso della sua vita conobbe e intrattenne rapporti amichevoli con illustri studiosi e scrittori come il prof. Pietro Kalonaros, Demetrio Lambikis, che lo definì "il più greco-moderno dei poeti salentini", il glottologo e ricercatore di fama internazionale Rohlfs, che apprezzò molto il suo libro "Glossa. La lingua greca del Salento". Proprio grazie alla sua opera, il Tondi raccolse numerosi e importanti riconoscimenti e attestati di stima, tra gli altri, dal prof. Giuseppe Gabrieli, Bibiotecario dell'Accademia dei Lincei, e dal prof. Pavolini, Accademico d'Italia. Le mille copie di Glossa stampate a Noci dalla Arti Grafiche di Alberto Cressati nel 1935 andaro presto esaurite. Morì il 6 dicembre 1965.
Le cause principali della sopravvivenza per un così lungo periodo di tempo della lingua grica sono principalmente due:

  • - la prima è dovuta al fatto che fino alla fine del diciassettesimo secolo vi è nel Salento una presenza massiccia di un clero che officiava i riti religiosi in lingua greca. Nella Grecìa salentina è accaduta quindi la stessa cosa che è accaduta in Grecia: durante i secoli di dominazione straniera, chi ha contribuito in maniera determinante a mantenere sempre vive le tradizioni della lingua di Omero, di Socrate, di Pericle sono stati i numerosi "papades" che in ogni chiesa e monastero insegnavano ai ragazzi lingua, musica, costumi e tradizioni.

  • - la seconda causa è dovuta al fatto che, per più di tre secoli, in assenza di un contatto diretto con la Grecia e la lingua parlata in Grecia, coloro che parlavano grico erano persone legate ai lavori più umili nei territori della Grecìa Salentina. Inoltre proprio questa necessità che la lingua del popolo fosse capita da tutti ha costituito il suo legame più forte con il territorio e la salvaguardia della sua integrità e durata fino ai nostri giorni; tanto più che le persone "acculturate" dovevano parlare anche in grico se volevano avere una qualche possibilità di intendere e di farsi intendere dagli altri e sentirsi in qualche modo inseriti nella comunità sociale di cui si faceva parte. Le parole, l'idioma, la lingua madre del popolo era, quindi, il grico. La sopravvivenza del grico per un arco di tempo così lungo è dovuta anche al fatto che la stragrande maggioranza della popolazione non era acculturata, anzi, analfabeta, per cui non si aveva alcuna possibilità di imparare un altro idioma, un'altra lingua, se non quella appresa dai propri genitori a loro volta analfabeti.

In questo contesto si inserisce la figura di Domenicano Tondi.
Domenicano Tondi era figlio anche lui di contadini, al quale però era stata assicurata dagli stessi la possibilità di frequentare gli studi, unico degli otto figli a cui era stato concesso, per avviarlo al sacerdozio. I suoi studi gli permisero di esaminare a fondo la sua lingua materna, soprattutto dopo aver conosciuto il prof. Vito Domenico Palumbo che lo avviò alla conoscenza del neo-greco. Ed è questo un punto molto importante: Domenicano Tondi è stato uno dei primi studiosi di grico a dare alla lingua una corretta ortografia: il fatto di essere parlato, come già detto, da persone analfabete o poco istruite, ha fatto sì che alla lingua grica fosse riservata una produzione prettamente orale. Il nostro "Mimmi" aveva capito che una lingua, se non proprio greca, discendente dal greco, si sarebbe dovuta scrivere in caratteri greci, seguendo almeno in parte, le regole della grammatica neo-greca. (tuttin oria glossa pu e-sozzome grapsi me ta grammatà-ti iatì mas ghettisan xena –questa nostra lingua che nemmeno possiamo scrivere con i suoi segni perché ci sono diventati stranieri).
Oltre alle tradizioni in grico di moltissime opere di Carducci, V. Hugo, di Euripide, - di preghiere di parabole, e della messa stessa, Domenicano Tondi ha composto diverse opere in versi e anche in prosa, per dare a chi intendesse cimentarsi nello studio della lingua, un supporto diretto e pratico. Le tematiche delle sue opere variano dall'amore per la sua lingua (Orria glossa pu simeni san travudi is t'avtì, aftechì limonimmeni cacosirni stin zoì – Greca lingua dei miei padri, come dolce al cuor risuoni! Vanno a te le mie canzoni gli accorati miei pensier ), per il suo paese (ta coràssia 'pu tzuddhinu eun me savta pan calò, sto frontili vastun crinu vastun roda sto lemò – Le ragazze di Zollino hanno ogni pregio con sé: hanno gigli sulla fronte, hanno rose sulla bocca.), per la sua casa paterna (s'ita mapale dopu tosu chronu, agapimmeno spiti tu ciurù – ti ho vista di nuovo dopo tanto tempo, amata casa paterna) finanche a delle "matinate", che, senza dubbio, rappresentano meglio delle altre opere la sensibilità poetica del nostro compaesano.

Afsunniso t'ammadia, agapimmeni,
ce vale ta travudia-mu st'avtì,
gklicoso ti cardia –mmu prikomeni,
ce oti can se rotò pemmu di sì.
Pe-mmu ti m'agapà ce ti me meni
Ca i nitta na cantefso apò ttù ' mpì.
Pe-mmu ti ta travudia mou ene meli
Ce su glicenun ti scikì.

Apri gli occhi, mia amata,
e presta orecchio ai miei canti,
addolcisci il mio cuor amareggiato,
e per qualsiasi cosa domandi, dimmi sì.
Dimmi che mi ami e che mi aspetti
Che la notte canti da qua dietro.
Dimmi che i miei canti sono grandi,
e ti addolciscono l'anima.

Quindi tematiche anche semplici, ma che riportano sempre allo smisurato amore che Domenicano provava per la sua terra e la sua lingua. Riesce con grande maestria nelle sue poesie ad usare una certa metrica e rima in una lingua che, ripeto, era prettamente orale.
Grande impegno gli è costato anche raccogliere diversi canti popolari di Zollino: ninne-nanne, canti di dispetto, canti d'amore e moroloja, che senza Domenicano Tondi avremmo perso per sempre. I suoi lavori, i suoi lamenti, i suoi richiami alla salvaguardia della NOSTRA lingua non devono rimanere flatos vocis, ma trovare tutto il nostro impegno ed aiuto per salvare la lingua e la cultura grica.
(Biografia tratta da Domenicano Tondi, "Ta pràmata Christû - Libro Sacro", a cura di Leonardo Tondi, Manni, Zollino 2007, pag. 183. Il volume è stato pubblicato dal Comune di Zollino e raccoglie degli scritti inediti di Domenicano Tondi a carattere liturgico).


Giuseppe Chiriatti

Periodo: (1874 - 1951)

Fu uno dei più importanti storici della prima metà del novecento salentino e un grande educatore presso i migliori licei della provincia. Autore di numerose opere e scritti, ricoprì anche incarichi di prestigio nazionale.
Giuseppe Chiriatti è un grande storico ed educatore zollinese, purtroppo ingiustamente ancora poco conosciuto e indagato. Egli si laureò presso l'Università di Napoli in Lettere e Filosofia e seguì nella stessa città corsi di Lingua Neo-ellenica nell'Istituto Orientale e di Paleografia e Diplomatica nel R. Archivio di Stato. Intrattenne intense relazioni con i più illustri intellettuali del suo tempo e "seppe conquistarsi la più alta reputazione per la profondità della sua dottrina, per la svegliatezza del suo ingegno portato alla speculazione scientifica, alla indagine storica, alla critica letteraria", come si disse in un articolo apparso sulla Gazzetta del Mezzogiorno dopo la sua scomparsa. Per quasi mezzo secolo insegnò con passione nei più importanti licei della provincia chiudendo la sua lunga carriera scolastica da Preside. Fu autore di diverse pubblicazioni (la maggior parte delle quali ancora inedite) e di alcuni contributi apparsi sulla Rivista Storica Salentina di Pietro Palumbo. Scrisse anche puntuali recensioni per la Rivista Storica Italiana e per Il Risorgimento italiano - Rivista Storica. Collaborò inoltre, per alcuni anni, con le testate giornalistiche Il corriere meridionale e La Provincia di Lecce. Deputato della R. Deputazione di Storia Patria Japigia, fece parte anche del Comitato Direttivo de Rinascenza Salentina – Rivista bimestrale di Arti Lettere Scienze diretta da Nicola Vacca. Ricevette numerosi riconoscimenti e ricoprì svariati incarichi di responsabilità e prestigio, tra i quali quello di Presidente dell'Istituto Nazionale di Cultura nel 1930 e nel 1931 e di fiduciario della Società Nazionale Dante Alighieri. Le sue conferenze erano un gran richiamo e costituivano un godimento intellettuale per gli ascoltatori. Fu anche amministratore comunale dal 1905 al 1925. La biblioteca personale del prof. Giuseppe Chiriatti è stata recentemente donata dal nipote omonimo al Comune di Zollino. L'acquisizione di questo patrimonio di valore inestimabile consentirà anche di approfondire la sua biografia e di dare il giusto riconoscimento alla sua opera. A lui è dedicata a Zollino, dal 1967, la via che congiunge via Vittorio Emanuele II a via Montello (anticamente detta "la muzza"). Anche il Comune di Lecce ha voluto denominare una strada in suo onore, accanto a quelle degi illustri Pietro Marti e Amilcare Foscarini.

(Antonio Chiga)

Sergio Stiso

Sergio Stiso

Periodo: (1458ca - 1531ca)

Prete di rito greco e dotto umanista, diede vita a Zollino ad una rinomata scuola in cui si preservava la purezza della linga d'Omero e a un centro di copia di rari manoscritti.
Era la metà del secolo decimo quinto quando sui banchi della Biblioteca di San Nicola di Casole e sotto il magistero di sapienti monaci, si istruiva alle lettere greche un giovane prete zollinese che sarebbe divenuto di lì a poco uno degli ultimi baluardi dell'ellenismo italo-greco: parliamo di Sergio Stiso.
La sua educazione varcò, probabilmente, i confini della Terra d'Otranto e fu approfondita forse a Napoli dove Stiso potè farsi conoscere ed intrecciare illustri amicizie.
Tornato nel suo paese natale, egli divenne uno dei più illustri maestri della lingua d'Omero e diede vita non solo ad una rinomata scuola in cui si preservava la purezza della lingua greca, ma anche ad ben noto centro di copia e produzione libraria. Possedeva, infatti, rari manoscritti recuperati da Casole, dopo l'assalto turco del 1480, e sottratti ad un irrimediabile destino.
Del suo magistero si avvalsero giovani allievi che sarebbero divenuti di lì a poco illustri esponenti della cultura e della politica del Meridione d'Italia. Tra di essi vi furono Andrea Matteo Acquaviva duca d'Atri, Matteo Tafuri di Soleto, astrologo, medico e matematico che fu attivo presso le università di Parigi e Salamanca, Francesco Cavoti, arcidiacono soletano e cultore di scienze filologiche e magico-cabalistiche; Aulo Giano Parrasio, poeta ed umanista di origine calabrese, Nicola Petreo di Curzola, umanista dalmata, e molti altri.
Il nome del maestro di Zollino superò anche i confini dell'area napoletana e del dotto circolo sorto intorno alla figura di Pontano e giunse sino a Firenze, alla corte di Lorenzo De' Medici. Nel 1491 Giano Lascaris, inviato dal Magnifico alla ricerca di preziosi manoscritti per la costituenda biblioteca di Firenze, visitò la casa di Stiso a Zollino, annotò i libri greci che Sergio possedeva e gli commissionò, dietro promessa di pagamento, la trascrizione di alcuni volumi ora conservati presso la Biblioteca Laurenziana di Firenze. L'anno successivo nel 1492, Stiso scriveva a Lascaris una lettera in greco con cui lo rassicurava circa il buon esito dell'incarico di trascrizione assegnatogli e circa l'avvenuta riscossione direttamente dalle mani dell'ambasciatore fiorentino a Lecce della somma pattuita.
La lista dei libri visti nella casa di Sergio Stiso, compilata da Giano Lascaris, ci permette di entrare a fondo negli interessi culturali del zollinese, che spaziavano dalla letteratura alla filosofia, dalla medicina all'astrologia ed alla divinazione.
Francesco G. Giannachi

("Sergius Stisus di Zollino" è un ritratto ad acquaforte di Pietro Cavoti tratto da un quadro di Tommaso Arcudi. E' conservato presso il Museo Cavoti di Galatina. L'immagine è stata utilizzata per la copertina del libro curato da Paolo Pellegrino "Sergio Stiso tra Umanesimo e Rinascimento in Terra d'Otranto", Congedo, Galatina 2012)

Vito Chiga

Vito Chiga

Periodo: (Zollino, 1790 - Napoli, 1857)

Alto magistrato borbonico presso i tribunali e le corti di Lecce, Trani e Napoli. Dopo un contrasto con il Re Ferdinando II fu costretto a lasciare la magistratura ed esercitò sino alla morte con rara competenza la professione forense. Fu patrigno di Giuseppe Pisanelli, Ministro della Giustizia del Regno d'Italia e autore del primo codice di procedura civile.
Nasce a Zollino il 15 marzo 1790 da Leonardo Maria Ippazio Chiga ("dottor fisico" – quindi medico) e Geminiana Pasquali di Felice (anch'essa "dottor fisico").
Nel 1928 sposa a Tricase Maria Angiola Mellone, vedova di Michelangelo Pisanelli, e si prende cura del figlio di lei Giuseppe Pisanelli, avviandolo al diritto (Pisanelli era destinato a diventare uno dei più grandi giuristi e politici del suo tempo; dopo aver rappresentato la Provincia di Terra d'Otranto nel parlamento napoletano, fu costretto all'esilio, per poi assumere la carica di deputato del Regno d'Italia e, addirittura, di Ministro della Giustizia; scrisse il primo codice di procedura del Regno d'Italia). Dall'unione con la nobil donna nascerà nel 1832 Felice Chiga.
Dopo aver ricoperto incarichi importanti presso il Tribunale Civile di Lecce (di cui si dice assunse anche la presidenza), Vito Chiga si trasferì per ragioni d'ufficio dapprima a Trani e poi a Napoli dove fece parte della Gran Corte Civile e Criminale. Fu anche confidente di alcuni Intendenti della Provincia di Terra d'Otranto.
Fu messo in "attenzione di destino" con regio decreto del 1849 per essersi rifiutato di applicare pene esemplari, non previste dai codici all'epoca vigenti, in un caso di reato di stampa contro il regime borbonico.
Dopo questo episodio, che segnò la fine della sua vita pubblica, il Chiga si dedicò con rara competenza all'esercizio della professione forense, al fianco del figlio pure valente avvocato, sino alla sua morte avvenuta in Napoli il 2 dicembre 1857.
A lui è intitolata la via che da Piazza San Pietro conduce all'area delle pozzelle, in precedenza denominata "via Pozzi").

(Antonio Chiga)

Cultura e tradizioni

Festa "De lu Focu" (28 dicembre)

Festa de lu Focu

Classica "festa d'inverno" o del solstizio; della fine e dell'inizio del ciclo annuale, la festa è una sfida alla brutta stagione.

La riproduzione, nella fredda notte invernale, di un "sole artificiale"; i cibi tipici tra cui la famosa "Sceblasti" lievitata e cotta all'istante; l'amosfera magica attorno al fuoco, elemento ancestrale e tuttora emblematico della socializzazione e della partecipazione di tutti; le ronde spontanee rendono l'evento unico e imperdibile.
Il progetto originario, pienamente riuscito, era il recupero delle tradizionalifocare di S.Antonio, in crisi mortale negli anni '70, anticipandole dal 17 gennaio al 28 dicembre, cioè, in epoca di emigrazione, da un tempo vuoto a un tempo pieno di gente.
La manifestazione è un'idea di Giovanni Pellegrino, organizzata per le prime edizioni dal Circolo Popolare a partire dal 1978. In ordine di tempo è la seconda delle grandi feste popolari del Salento, dopo la festa de lu mieru di Carpignano. Decisivo l'apporto, per la sua conservazione, della Bottega del Teatro e successivamente di un Comitato ad hoc.
Oggi siamo in piena evoluzione sincretica, tanto che recentemente la festa si è arricchita di un elemento catartico che vede il processo all'anno che sta per finire: un pittoresco fantoccio di cartapesta, opera di un gruppo di appassionati guidati da Fernando Caputo, viene ritualmentecaricato delle cose brutte patite dalla gente e quindi bruciato.
Festa di fuoco, quindi, di giochi, di tradizioni e di riti liberatori. Nella spianata "Lumardu": un incrocio di antiche strade e tratturi che attraversano il Salento da nord a sud e da est a ovest, accanto agli antichi puzzieddhi degli Ursi, che permettevano le soste di uomini e animali; a due passi dal menhir S.Anna, un luogo sacro e attrezzato per gli incontri e gli scambi fin dalla preistoria.

Autore: Giovanni Pellegrino

Festa di Sant'Anna (25 e 26 luglio)

Festa di Sant'Anna

Il culto di S. Anna presso la comunità zollinese ha radici profonde che risalgono alla fine del XVIII° Secolo, quando a seguito delle apparizioni della Santa ad una vecchietta, si creò un'intensa devozione popolare.

Tale devozione permise la realizzazione di un'ardita costruzione per il tempo, la chiesa di S. Anna, e che si è trasmessa immutata nei secoli di generazione in generazione, come dimostra l'assidua frequentazione di cui è oggetto a tutt'oggi la Chiesa soprattutto da parte delle coppie sterili e dalle donne in gravidanza.
Nell'ultimo secolo accanto al culto religioso si è sviluppata una festa civile dedicata alla Santa, che si tiene nei giorni 25 e 26 luglio, all'organizzazione della quale i cittadini zollinesi concorrono in modo esclusivamente volontario.

Festa di Sant'Antonio (23 agosto)

Festa di Sant'Antonio

Il suo culto è presente da molti secoli e si suppone che a portarlo nel nostro comune siano stati gli spagnoli. Potentissimo in cielo e in terra, Sant'Antonio non tardò a farsi accettare dalla comunità, fino a quel momento legata ai santi orientali e alle gesta dai martiri bizantini.

Molti, si dice, sono stati i miracoli del patrono che salvò numerosi fedeli da gravissime malattie e che si adoperò per proteggere il paese da calamità naturali. Egli sconfisse terremoti, alluvioni, carestie, invasioni di cavallette, cicloni. E proprio un ciclone stava per abbattersi su Zollino il 23 agosto del 1898. Quel giorno caldissimo d'un tratto giunse da occidente un potente uragano, un nero "zzunfione" che oscurò il cielo e si appropriò delle prime case del paese. La gente urlava e fuggiva per le strade in preda al panico: la coda nera dello scarcagnulu (é chiamato anche così l'uragano) trascinava nel vortice muri e alberi strappati dal suolo con inaudita violenza. Le tegole della case cadevano, i tetti di "cannizzi" volavano in aria, gli alberi di olivo, anche secolari venivano sdradicatie portatiin aria come fuscelli, i campi coltivati erano devastati dal temporale, le campane suonavano da sole. Sembrava che fosse arrivata la fine del mondo. Tutta la gente del Paese si era recata in chiesa a pregare e invocare con fede l'intercessione di Sant'Antonio; tolsero dalla nicchia la statua del Santo e adornata con i paramenti sacri la portarono in processione fuori per il paese, sperando in un miracolo. La vecchia statua del Santo era stata ricavata da un albero di pero cresciuto in una campagna di proprietà della parrocchia, da sempre era oggetto di suppliche e di richieste più disparate, pratica abituale in un paese piccolo e povero che ricavava dall'agricoltura quanto bastava appena alla sopravvivenza. Davanti all'improvvisata processione l'ira della natura si placò improvvisamente,l'uragano mutò direzione e si allontanò da Zollino, successivamente quella zona venne dedicata al Santo e nel 1994 venne eretto un monumento in suo onore.

Fiera di San Giovanni (24 giugno)

Tradizionale fiera dei prodotti tipici del territorio che si tiene nei vicoli del centro storico del paese dal 1910. Originariamente deputata allo scambio dei prodotti agricoli del territorio, negli anni si è trasformata in un'occasione per valorizzare l'enogastronomia salentina ed in particolare il pisello nano, la fava di Zollino e la sceblasti, che hanno ottenuto il riconoscimento ministeriale di prodotti agroalimentari tradizionali.

Sagra della scèblasti (2-3 agosto)

Sagra che si svolge con regolarità dal 1996 con lo scopo di promuovere i piatti della tradizione popolare zollinese ed in particolar modo la Scèblasti, il tradizionale pane condito tipico del paese. Si svolge nel centro storico, che fa da scenario a danzatori e musicisti della tradizione musicale salentina, ai cantastorie in versi e alla banda.

Festa della Madonna di Loreto (lunedì di Pasquetta)

Le "ingiurie" di Zollino

Cognome e relativa ingiuria

  • ANTONICA: SAVERIU
  • ANTONICA: RE
  • ANTONICA: MORATTA
  • ANTONICA: PIZZI PIU
  • APRILE: SANTU VITU
  • AVANTAGGIATO: PACCIU
  • BIANCO: FRONTILI
  • BIANCO: ANGIOLINU
  • BIANCO: VELONI
  • BIANCO: FURIANU
  • CALDARAZZO: SGABBARRA
  • CALDARAZZO: MESCIU PATI
  • CALDARAZZO: MIGNONA
  • CALDARAZZO: GIUSTU
  • CALO': PUCCIA
  • CALO': FULETTA
  • CALO': PAPA LENARDU
  • CANNAZZA: QUARANTA
  • CAPUTO: NDREA
  • CAPUTO: VESTEDDHA
  • CAPUTO: MESCU PAULU
  • CASTELLANO: NTEDDHA
  • CASTELLANO: PECCLITTA
  • CASTELLANO: LAMPA
  • CASTELLANO: VECCHIOTTU
  • CASTELLANO: PIZZICCHIA
  • CASTELLANO: FREGNA
  • CASTELLANO: PIPPI SANNA
  • CASTELLANO: TEDESCU
  • CATALANO: COZZA
  • CATALANO: RAMPINA
  • CATALANO: CAPEZZA
  • CHIARELLI: CAMPANA
  • CHIGA: MORTE
  • CHIGA: RRONZA
  • CHIGA: PROSPERU
  • CHIGA: MANGIA CULUMBI
  • CHIGA: VENGA LA MERCE
  • CHIGA: BULLACCU
  • CHIGA: SAVLU
  • CHIGA: CEDRA
  • CHIRIATTI: PAVLONE
  • COLELLI: MULAFORBICI
  • COSTA: FATTORE
  • COSTA: CARMENUDDHI
  • COSTANTINI: MINGULI
  • COSTANTINI: NNAJ
  • DE PASCALIS: BOMBA
  • DEL SOLE: TRANGA
  • DONNO: PADRETERNU
  • FUSO: GIANTO
  • GAETANI: BOLOGNU
  • GAETANI: VINDI OIU
  • GAETANI: LIGGIU
  • GEMMA: NUCEDDHARI
  • IURLARO: SCANNACIUCCI
  • LIFONSO: ZINGA
  • LIFONSO: FERRANTU
  • LOLLI: SENZA CREA
  • MANCO: PETRINA
  • MANCO: FUSCO
  • MANCO: GIANFONE
  • MANCO: VAREDDHI
  • MANIGLIO: PANZERA
  • MANIGLIO: BELLINCERI
  • MANIGLIO: PANZOTTA
  • MANIGLIO: REPPIPINU
  • MANIGLIO: BARRACCA
  • MANIGLIO: DELLA PARMA
  • MARTI: GIOSUE'
  • MARTI: PRECAMORTI
  • METRUCCIO: TRENTA PILI
  • MUSCARA: MMOMMU
  • NUZZACI: PIZZI CAZZI
  • PELLEGRINO: ROSALIE
  • PELLEGRINO: PICIONNU
  • PELLEGRINO: FESSA
  • PELLEGRINO: TUNATUDDHI
  • PELLEGRINO: CARACUTA
  • PELLEGRINO: RUZZA
  • PELLEGRINO: MORO
  • PELLEGRINO: MUSICHEDDHA
  • PELLEGRINO: DROGHIERI
  • PELLEGRINO: RUSSO
  • PELLEGRINO: SACRISTANU
  • PELLEGRINO: TURCHIU
  • PELLEGRINO: SPAZIALI
  • PELLEGRINO: POLIDORU
  • PELLEGRINO: MORINDA
  • PELLEGRINO: PLACA
  • PELLEGRINO: CIOVARI
  • PETRARCA: NGEGNU
  • RUSSETTI: SCULITEDDHA
  • RUSSETTI: PALLUNARI
  • STOMEO: BABBU
  • SURDO: PINNACCHERA
  • TOMASI: TALEFFRICU
  • TOMMASI: CUTRUPA'
  • TONDI: PISIEDDHU
  • TONDI: LICUDDHI
  • TONDI: PO'
  • TONDI: CLEMENTINA
  • TONDI: LONGO
  • TONDI: FODDHEA
  • TONDI: POMPEO
  • TONDI: GIACOMO
  • TONDI: CANEA
  • TONDI: FRA' PAOLO
  • TONDI: PASCALI
  • TORSELLA: FICA ROSA
  • TUNDO: CULUPAZZA
  • URSO: MANICACEI
  • VERNOLE: MESCIU FRANGISCU
  • VERRI: SCIJATU
  • VERRI: MORETTO
  • VERRI: PATERA
  • VERRI: FAVA
  • VERRI: CRAPARISI
  • VERRI: FUCINU
  • VERRI: TUBBU
  • VERRI: CARRINU
  • VERRI: MARTANEDDHA
  • VINCENTI: MAZZACURTA
  • VIOLA: MARIANNA

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