Le cause principali della sopravvivenza per un così lungo periodo di tempo della lingua grica sono principalmente due...
- la prima è dovuta al fatto che fino alla fine del diciassettesimo secolo vi è nel Salento una presenza massiccia di un clero che officiava i riti religiosi in lingua greca. Nella Grecìa salentina è accaduta quindi la stessa cosa che è accaduta in Grecia: durante i secoli di dominazione straniera, chi ha contribuito in maniera determinante a mantenere sempre vive le tradizioni della lingua di Omero, di Socrate, di Pericle sono stati i numerosi "papades" che in ogni chiesa e monastero insegnavano ai ragazzi lingua, musica, costumi e tradizioni.
- La seconda causa è dovuta al fatto che, per più di tre secoli, in assenza di un contatto diretto con la Grecia e la lingua parlata in Grecia, coloro che parlavano grico erano persone legate ai lavori più umili nei territori della Grecìa Salentina. Inoltre proprio questa necessità che la lingua del popolo fosse capita da tutti ha costituito il suo legame più forte con il territorio e la salvaguardia della sua integrità e durata fino ai nostri giorni; tanto più che le persone "acculturate" dovevano parlare anche in grico se volevano avere una qualche possibilità di intendere e di farsi intendere dagli altri e sentirsi in qualche modo inseriti nella comunità sociale di cui si faceva parte. Le parole, l'idioma, la lingua madre del popolo era, quindi, il grico. La sopravvivenza del grico per un arco di tempo così lungo è dovuta anche al fatto che la stragrande maggioranza della popolazione non era acculturata, anzi, analfabeta, per cui non si aveva alcuna possibilità di imparare un altro idioma, un'altra lingua, se non quella appresa dai propri genitori a loro volta analfabeti.
In questo contesto si inserisce la figura di Domenicano Tondi.
Domenicano Tondi era figlio anche lui di contadini, al quale però era stata assicurata dagli stessi la possibilità di frequentare gli studi, unico degli otto figli a cui era stato concesso, per avviarlo al sacerdozio.
I suoi studi gli permisero di esaminare a fondo la sua lingua materna, soprattutto dopo aver conosciuto il prof. Vito Domenico Palumbo che lo avviò alla conoscenza del neo-greco.
Ed è questo un punto molto importante:
Domenicano Tondi è stato uno dei primi studiosi di grico a dare alla lingua una corretta ortografia: il fatto di essere parlato, come già detto, da persone analfabete o poco istruite, ha fatto sì che alla lingua grica fosse riservata una produzione prettamente orale.
Il nostro "Mimmi" aveva capito che una lingua, se non proprio greca, discendente dal greco, si sarebbe dovuta scrivere in caratteri greci, seguendo almeno in parte, le regole della grammatica neo-greca. (tuttin oria glossa pu e-sozzome grapsi me ta grammatà-ti iatì mas ghettisan xena –questa nostra lingua che nemmeno possiamo scrivere con i suoi segni perché ci sono diventati stranieri).
Oltre alle tradizioni in grico di moltissime opere di Carducci, V. Hugo, di Euripide, - di preghiere di parabole, e della messa stessa, Domenicano Tondi ha composto diverse opere in versi e anche in prosa, per dare a chi intendesse cimentarsi nello studio della lingua, un supporto diretto e pratico.
Le tematiche delle sue opere variano dall'amore per la sua lingua (Orria glossa pu simeni san travudi is t'avtì, aftechì limonimmeni cacosirni stin zoì – Greca lingua dei miei padri, come dolce al cuor risuoni! Vanno a te le mie canzoni gli accorati miei pensier ), per il suo paese (ta coràssia 'pu tzuddhinu eun me savta pan calò, sto frontili vastun crinu vastun roda sto lemò – Le ragazze di Zollino hanno ogni pregio con sé: hanno gigli sulla fronte, hanno rose sulla bocca.), per la sua casa paterna (s'ita mapale dopu tosu chronu, agapimmeno spiti tu ciurù – ti ho vista di nuovo dopo tanto tempo, amata casa paterna) finanche a delle "matinate", che, senza dubbio, rappresentano meglio delle altre opere la sensibilità poetica del nostro compaesano.
Afsunniso t'ammadia, agapimmeni,
ce vale ta travudia-mu st'avtì,
gklicoso ti cardia –mmu prikomeni,
ce oti can se rotò pemmu di sì.
Pe-mmu ti m'agapà ce ti me meni
Ca i nitta na cantefso apò ttù ' mpì.
Pe-mmu ti ta travudia mou ene meli
Ce su glicenun ti scikì.
Apri gli occhi, mia amata,
e presta orecchio ai miei canti,
addolcisci il mio cuor amareggiato,
e per qualsiasi cosa domandi, dimmi sì.
Dimmi che mi ami e che mi aspetti
Che la notte canti da qua dietro.
Dimmi che i miei canti sono grandi,
e ti addolciscono l'anima
Quindi tematiche anche semplici, ma che riportano sempre allo smisurato amore che Domenicano provava per la sua terra e la sua lingua.
Riesce con grande maestria nelle sue poesie ad usare una certa metrica e rima in una lingua che, ripeto, era prettamente orale.
Grande impegno gli è costato anche raccogliere diversi canti popolari di Zollino: ninne-nanne, canti di dispetto, canti d'amore e moroloja, che senza Domenicano Tondi avremmo perso per sempre.
I suoi lavori, i suoi lamenti, i suoi richiami alla salvaguardia della NOSTRA lingua non devono rimanere flatos vocis, ma trovare tutto il nostro impegno ed aiuto per salvare la lingua e la cultura grica.